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Elenco Teoremi con relative dimostrazioni per esame GAL

Scritto da: Andrea Oggioni  
Ultima modifica: 12 gennaio 2024

Elenco Teoremi con relative dimostrazioni per esame GAL

Teoremi

Proposizione di struttura delle soluzioni di un sistema lineare (lez. 3 pag. 8)

Dati

A \in \mathcal{M}_{\mathbb{K}}(m, n) \quad \underline{b} \in \mathbb{K}^m \quad \underline{v}_0 \in \mathbb{K}^n

tali che A \underline{v}_0 = \underline{b}, allora, tutte le soluzioni del sistema A \underline{x} = \underline{b} sono del tipo \underline{v}_0 + \underline{v}_h, ove \underline{v}_h è soluzione del sistema lineare omogeneo associato A\underline{x} = \underline{0}.

Dimostrazione

Sappiamo che \underline{v}_h \in \ker(A), A \cdot \underline{v}_0 = \underline{b} e A \cdot \underline{v}_h = \underline{0}. Per proprietà distributiva allora:

A \cdot (\underline{v}_0 + \underline{v}_h) = A \cdot \underline{v}_0 + A \cdot \underline{v}_h = \underline{b} + \underline{0} = \underline{b}

Viceversa se \tilde{\underline{v}} è soluzione di A \cdot \tilde{\underline{v}} = \underline{b}, osservo che \tilde{\underline{v}} = \underline{v}_0 + (\tilde{\underline{v}} - \underline{v}_0) e che A \cdot (\tilde{\underline{v}} - \underline{v}_0) = A\tilde{\underline{v}} - A\underline{v}_0 = \underline{b} - \underline{b} = \underline{0}. Di conseguenza \tilde{\underline{v}} = \underline{v}_0 + \underline{v}_h ove \underline{v}_h = \tilde{\underline{v}} - \underline{v}_0 \in \ker(A)

Proposizione di unicità della matrice inversa (lez. 5 pag 2)

Data A \in \mathcal{M}_{\mathbb{K}}(n, n) e siano B, C rispettivamente inversa destra e sinistra di A, allora B = C.

Dimostrazione (Da ricontrollare)

Sappiamo che AB = CA = \mathbb{I}_n, quindi B = \mathbb{I}_n \cdot B = (C \cdot A) \cdot B = C \cdot (A \cdot B) = C \cdot \mathbb{I}_n = C, di conseguenza l’inversa sinistra e l’inversa destra sono uguali.

Condizioni necessarie e sufficienti per l’invertibilità di una matrice (lez. 5 pag. 2)

Sia A \in \mathcal{M}_{\mathbb{K}}(n, n) allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:

  1. \ker(A) = \{\underline{0}\}
  2. r(A) = n
  3. A è invertibile
  4. A ha un’inversa sinistra
  5. A ha un’inversa destra

Dimostrazone

Mostriamo 4. \implies 1. \implies 2. \implies 3. \implies 4. e poi 4. \iff 5..

Note

Nel primo punto, ho dimostrato che l’unica soluzione di A\underline{x} = 0 (quindi il kernel di A) è \underline{x} = \underline{0}.

Nel terzo punto, utilizziamo l’invertibilità di C per dedurre che A è invertibile (a priori non possiamo saperlo).

Nel quarto punto, per definizione se una matrice invertibile allora ammette un’inversa sinistra.

Nel sesto punto, A' è inversa destra di A, A'' è inversa destra di A'. Se A \cdot A' = \mathbb{I}_n = A' \cdot A'' allora A = A'' e, di conseguenza A \cdot A' = A' \cdot A = \mathbb{I}_n.

Nucleo e immagine di un’applicazione lineare sono sottospazi vettoriali (lez. 6 pag. 7)

Dati V e W spazi vettoriali su \mathbb{K} e \mathscr{L} : V \to W applicazione lineare, allora:

  1. Se H è sottospazio vettoriale di W allora \mathscr{L}^{-1}(H) è sottospazio vettoriale di V
  2. Se U è sottospazio vettoriale di V allora \mathscr{L}(U) è sottospazio vettoriale di W

Dimostrazione

  1. Se H è sottospazio vettoriale di W allora \underline{0}_W \in H. Poiche \underline{0}_V \in \mathscr{L}^{-1}(H) (infatti \mathscr{L}(\underline{0}_V) = \underline{0}_W), si ha che \mathscr{L}(H) \ne \emptyset. Ora devo verificare che \forall t_1, t_2 \in \mathbb{K}, \forall \underline{v}_1, \underline{v}_2 \in \mathscr{L}^{-1}(H) \implies t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2 \in \mathscr{L}^{-1}(H) (quindi che \mathscr{L}^{-1}(H) sia sottospazio vettoriale). Per linearità, \mathscr{L}(t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2) = t_1\mathscr{L}(\underline{v_1}) + t_2\mathscr{L}(\underline{v_2}). Siccome \mathscr{L}(\underline{v}_1), \mathscr{L}(\underline{v}_2) \in H allora anche \mathscr{L}(t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2) \in H, quindi t \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2 \in \mathscr{L}^{-1}(H), da cui, \mathscr{L}^{-1}(H) è a sua volta sottospazio vettoriale di V.
  2. Se U è sottospazio vettoriale di V allora \underline{0}_V \in U e \mathscr{L}(\underline{0}_V) = \underline{0}_W \in \mathscr{L}(U) \implies \mathscr{L}(U) \ne \emptyset Ora devo verificare che \forall t_1, t_2 \in \mathbb{K}, \forall \underline{w}_1, \underline{w}_2 \implies t_1 \underline{w}_1 + t_2 \underline{w}_2 \in \mathscr{L}(U). Siano t1, t2 \in \mathbb{K} e \underline{w}_1, \underline{w}_2 \in \mathscr{L}(U) allora \exists \underline{v}_1, \underline{v}_2 \in U : \mathscr{L}(\underline{v}_1) = \underline{w}_1, \mathscr{L}(\underline{v}_2) = \underline{w}_2. Quindi si ha che t_1 \underline{w}_1 + t_2 \underline{w}_2 = t_1 \mathscr{L}(\underline{v}_1) + t_2 \mathscr{L}(\underline{v}_2) = \mathscr{L}(t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v_2}). Siccome t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2 \in U allora t_1 \underline{w}_1 + t_2 \underline{w}_2 \in \mathscr{L}(U), da cui \mathscr{L}(U) è un sottospazio.

Note

So che H \sube W e che U \sube V.

Per verificare che, per esempio, W sia sottospazio vettoriale di V, basta verificare che \underline{0}_W \in W e che \forall t_1, t2 \in \mathbb{K}, \forall \underline{v}_1, \underline{v}_2 \in W, t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2 \in W

Proposizione di linearità dell’inversa di un applicazione lineare (lez. 6 pag. 12)

Siano V e W spazi vettoriali su \mathbb{K} e \mathcal{L}: V \to W applicazione lineare. Se \mathcal{L} è invertibile allora l’inverza \mathcal{L}^{-1} : W \to V è lineare.

Dimostrazione

Siano \underline{w}_1, \underline{w}_2 \in W allora \exists \underline{v}_1, \underline{v}_2 \in V : \mathscr{L}(\underline{v}_1) = \underline{w}_1, \mathscr{L}(\underline{v}_2) = \underline{w}_2. Allora \forall t_1, t_2 \in \mathbb{K} si ha che

\begin{align*} \mathscr{L}^{-1}(t_1 \underline{w}_1 + t_2 \underline{w}_2) &= \mathscr{L}^{-1}(t_1 \mathscr{L}(\underline{v}_1) + t_2 \mathscr{L}(\underline{v}_2)) \\ &= \mathscr{L}^{-1}(\mathscr{L}(t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2)) \\ &= t_1 \underline{v}_1 + t_2 \underline{v}_2 \\ &= t_1 \mathscr{L}^{-1}(\underline{w}_1) + t_2 \mathscr{L}(\underline{w}_2) \end{align*}

Applicazioni lineari iniettive (lez. 6 pag. 14)

Siano V e W due spazi vettoriali sul campo \mathbb{K} e \mathscr{L} : V \to W applicazione lineare allora \mathscr{L} è iniettiva \iff \ker (\mathscr{L}) = \{ \underline{0}_V \}

Dimostrazione

\mathscr{L} è iniettiva se \forall \underline{w} \in W, \mathscr{L}^{-1}(\underline{w}) o è vuoto o è composto di un unico elemento.

Poiche \underline{0}_V \in \mathscr{L}^{-1}(\underline{0}_W) si ha che \ker (\mathscr{L}) = \mathscr{L}^{-1}(\underline{0}_W) = \{ \underline{0}_V \}. Viceversa, se \ker (\mathscr{L}) = \{ \underline{0}_V \} allora

\begin{align*} \mathscr{L}(\underline{v}_1) = \mathscr{L}(\underline{v}_2) & \implies \mathscr{L}(\underline{v}_1) - \mathscr{L}(\underline{v}_2) = \underline{0}_W \\ & \implies \mathscr{L}(\underline{v}_1 - \underline{v}_2) = \underline{0}_W \\ & \implies \underline{v}_1 - \underline{v}_2 \in \ker (\mathscr{L}) \\ & \implies \underline{v}_1 - \underline{v}_2 = \underline{0}_V \\ & \implies \underline{v}_1 = \underline{v}_2 \end{align*}

Note

Ho dimostrato che non possono esserci due valori distinti per cui l’applicazione lineare restituisca lo stesso risultato.

Isomorfismo canonico (lez. 7 pag. 1,2)

Sia V uno spazio vettoriale su \mathbb{K} e \mathcal{B} = \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} una sua base. Allora, per definizione di base, sappiamo che ad ogni v \in V rimane associata un’unica n-upla [t_1, \dots, t_n]^T \in \mathbb{K}^n tale che \underline{v} = t_1 \underline{b}_1 + \dotsm +t_n \underline{b}_n. L’applicazione X_B : V \to \mathbb{K}^n definita da X_B(\underline{v}) = [t_1, \dots, t_n]^T è lineare, iniettiva e suriettiva ed è chiamata isomorfismo canonico di V rispetto a \mathcal{B}.

Dimostrazione (Da controllare)

Per definizione, X_B è l’inversa della mappa di parametrizzazione, che è lineare, iniettiva e suriettiva, pertanto anche X_B è lineare, iniettiva e suriettiva.

Proposizione senza nome (lez. 9 pag. 2)

Dati V è W spazi vettoriali su \mathbb{K} e \mathscr{L} : V \to W applicazione lineare, allora se \mathscr{L} è iniettiva e \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_d \} \sub V è linearmente indipendente allora \{ \mathscr{L}(\underline{v}_1), \dots, \mathscr{L}(\underline{v}_d) \} \sub W è linearmente indipendente.

Dimostrazione

Consideriamo una qualsiasi combinazione lineare di \mathscr{L}(\underline{v}_1), \dots, \mathscr{L}(\underline{v}_d) eponiamola uguale al vettore nullo: t_1 \mathscr{L}(\underline{v}_1) + \dots + \mathscr{L}(\underline{v}_d) = \underline{0}. Per linearità si ha che \mathscr{L}(t_1 \underline{v}_1 + \dots + t_d \underline{v}_d) = \underline{0}. Poiche \mathscr{L} è iniettiva allora t_1 \underline{v}_1 + \dots + t_d \underline{v}_d = \underline{0}. Poiche \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_d sono linearmente indipendenti, t_1 = \dots = t_d = 0. Dunque \mathscr{L}(\underline{v}_1), \dots, \mathscr{L}(\underline{v}_d) sono linearmente indipendenti.

Note

Ho sfruttato il fatto che l’unica combinazione lineare di termini linearmente indipendenti che è ugule al vettore nullo, è quella nella quale tutti i coefficienti sono nulli.

Lemma fondamentale (lez. 9 pag. 5)

Se V è un insieme di generatori su \mathbb{K} che ammette un insimeme di generatori di cardinalità m allora ogni altro insieme di V che ha cardinalità maggiore di m è linearmente dipendente.

Dimostrazione

  1. Se V = \mathbb{K}^m (\{ \underline{e}_1, \dots, \underline{e}_m \} è un insieme di generatori) allora l’insieme \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_n \}, n > m, v_1, \dots, v_n \in \mathbb{K}^m è linearmente dipendente. Infatti esistono t_1, \dots, t_n \in \mathbb{K} non tutti nulli tali che t_1 \underline{v}_1 + \dots + t_n \underline{v}_n = 0 \iff A \cdot \underline{t} = \underline{0} ove A = [\underline{v}_1 | \dots | \underline{v}_n], \underline{t} = [t_1 | \dots | t_n], ammette una soluzione non banale. Ma questo è vero per il teorema do Rouchè-Capelli essendo r([A|\underline{0}]) = r(A) \le m < n.
  2. Siano \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_m \} generatori per V. Allora la mappa di parametrizzazione associata a \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_m è lineare e suriettiva \begin{align*} \mathcal{P} : \mathbb{K}^m & \to V \\ \begin{bmatrix} t_{1} \\ \vdots \\ t_{m} \end{bmatrix} & \mapsto t_1 \underline{v}_1 + \dots t_m \underline{v}_m \end{align*} Sia \{ \underline{w}_1, \dots, \underline{w}_n \} \sube V ove n > m. Poichè \mathcal{P} è suriettiva \exists \underline{z}_1, \dots, \underline{z}_n \in \mathbb{K}^m : \mathcal{P}(\underline{z}_i) = \underline{w}_i. Per il primo caso esistono t_1, \dots, t_n non tutti nulli tali che t_1 \underline{z}_1 + \dots + t \underline{z}_n = \underline{0} quindi \begin{align*} \underline{0} = \mathcal{P}(t_1 \underline{z}_1 + \dots + t_n \underline{z}_n) &= t_1 \mathcal{P}(\underline{z}_1) + \dots + t_n \mathcal{P}(\underline{z}_n) \\ &= t_1 \underline{w}_1 + \dots + t_n \underline{w}_n \end{align*} Quindi \underline{w}_1, \dots, \underline{w}_n sono linearmente dipendenti.

Note

Ho dimostrato che se ho un’insieme di generatori di cardinalità m, allora un qualsiasi insieme di cardinalità n > m è linearmente dipendente.

Nella seconda parte, utilizzando il fatto che la mappa di parametrizzazione è suriettiva, l’ho dimostrato per un qualsiasi spazio vettoriale, non solo per \mathbb{K}^m

La dimensione è la cardinalità della base (lez. 9 pag. 6)

Sia V uno spazio vettoriale su \mathbb{K}, allora valgono le seguenti implicazioni: 1. Se V ha una base di cardinalità n allora \dim(V) = n 2. Se \dim(V) = n < +\infty allora esiste una base B \sub V che ha cardinalità n ed ogni altra base ha cardinalità n

Dimostrazione

Sia \mathcal{B} = \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} una base per V allora: 1. \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} è inearmente indipendente quindi per la definizione di dimensione: \dim(V) \ge n 2. \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} è un insieme di generatori quindi per il lemma fondamentale: \dim(V) \le n

Se \dim(V) \ge n e \dim(V) \le n allora \dim(V) = n

Un’altra proposizione senza nome (lez. 9 pag. 10)

Sia V spazio vettoriale su \mathbb{K} tale che \dim(V) = n < + \infty. Sia \mathscr{L}: V \to W applicazione lineare iniettiva, allora \dim(\mathscr{L}(H)) = \dim(H) per ogni sottospazio H di V. Inoltre, due spazi vettoriali su \mathbb{K} sono isomorfi se e solo se hanno la stessa dimensione.

Dimostrazione

Sia \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_d \} una base di H, allora H = Span\{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_d \} e \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_d \} è linearmente indipendente.

Poiche \mathscr{L} è lineare: \mathscr{L}(H) = Span\{ \mathscr{L}(\underline{v}_1), \dots, \mathscr{L}(\underline{v}_d) \} sono linearmente indipendenti, quindi \{ \mathscr{L}(\underline{v}_1), \dots, \mathscr{L}(\underline{v}_d) \} sono una base di \mathscr{L}(H) da cui \dim(\mathscr{L}(H)) = d = \dim(H)

Teorema di rappresentazione (lez. 11 pag. 2)

Sia \mathscr{L} : V \to W un’applicazione lineare, \mathcal{B} = \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} base per V e \mathcal{C} = \{ \underline{c}_1, \dots, \underline{c}_n \} base per W allora posto A := \mathcal{M}_C^B(\mathcal{L}), si ha che A è una matrice tale per cui X_C(\mathcal{L}(\underline{v})) = A \cdot X_B(\underline{v}) \quad \forall \underline{v} \in V

Dimostrazione

Siano \underline{x} = [x_1, \dots, x_n]^T le coordinate di \underline{v} \in V rispetto a \mathcal{B} e \underline{y} = [y_1, \dots, y_n]^T le coordinate di \mathscr{L}(\underline{v}) \in W rispetto a \mathcal{C}.

Allora \underline{v} = x_1 \underline{b} + \dots + x_n \underline{b}_n, inoltre \mathscr{L}(\underline{b}_i) \in W \quad \forall i=1, \dots, n quindi la posso scrivere utilizzando la base \mathcal{C}:

\begin{align*} \mathscr{L}(\underline{b}_1) &= a_{11} \underline{c}_1 + a_{21} \underline{c}_2 + \dots + a_{m1} \underline{c}_m \\ \vdots \\ \mathscr{L}(\underline{b_1}) &= a_{1n} \underline{c}_1 + a_{2n} \underline{c}_2 + \dots + a_{mn} \underline{c}_m \end{align*}

Allora si ha che

\begin{align*} \mathscr{L}(\underline{v}) =& \mathscr{L}(x_1 \underline{b}_1 + \dots + x_n \underline{b}_n) \\ =& x_1 \mathscr{L}(\underline{b}_1) + \dots + x_n \mathscr{L}(\underline{b}_n) \\ =& x_1(a_{11} \underline{c}_1 + a_{21} \underline{c}_2 + \dots + a_{m1} \underline{c}_m) + \\ & x_2(a_{12}\underline{c}_1 + a_{22} \underline{c}_2 + \dots + a_{m2}\underline{c}_m) + \\ & \vdots \\ & x_n(a_{1n} \underline{c}_1 + a_{2n} \underline{c}_2 + \dots + a_{mn} \underline{c}_m) \\ =& (x_1 a_{11} + x_2 a_{12} + \dots + x_n a_{1n}) \underline{c}_1 + \\ & (x_1 a_{21} + x_2 a_{22} + \dots + x_n a_{2n}) \underline{c}_2 + \\ & \vdots \\ & (x_1 a_{m1} + x_2 a_{m2} + \dots + x_n a_{mn}) \underline{c}_m \end{align*}

Quindi \mathscr{L}(\underline{v}) = y_1 \underline{c}_1 + y_2 \underline{c}_2 + \dots + y_m \underline{c}_m da cui

\begin{cases} y_1 &= a_{11} x_1 + a_{12} x_2 + \dots + a_{1n} x_n \\ y_2 &= a_{21} x_1 + a_{22} x_2 + \dots + a_{2n} x_n \\ & \vdots \\ y_m &= a_{m1} x_1 + a_{m2} x_2 + \dots + a_{mn} x_n \\ \end{cases} \leadsto \underline{y} = A \cdot \underline{x}

ove

A = \begin{bmatrix} a_{11} & a_{12} & \dotsm & a_{1n} \\ a_{21} & a_{22} & \dotsm & a_{2n} \\ \vdots & \vdots & \ddots & \vdots \\ a_{m1} & a_{m2} & \dotsm & a_{mn} \end{bmatrix} = \left[ X_C(\mathscr{L}(\underline{{b}_i})) | \dots | X_C(\mathscr{L}(\underline{b}_n)) \right]

Costruzione di applicazioni lineari (lez. 12 bis pag. 1)

Siavo V e W spazi vettoriali su \mathbb{K}, \dim(V) = n, \mathcal{B} = \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} una base di \mathcal{b} e \{ \underline{w}_1, \dots, \underline{w}_n \} \sube W un sottoinsieme di W allor aesiste un’unica applicazione lineare \mathscr{L} : V \to W tale che \mathscr{L}(\underline{b}_i) = \underline{w}_i \quad \forall i = 1, \dots, n. L’applicazione è definita dalla formula \mathscr{L}(x_1 \underline{b}_1 + \dots + x_n \underline{b}_n) = x_1 \underline{w}_1 + \dots + x_n \underline{w}_n

Dimostrazione

  1. Dimostro l’esistenza Osservo che sono definite la mappa di parametrizzazione e l’isomorfismo canonico: \begin{align*} \mathcal{P} &: \mathbb{K}^n \to W \\ & \begin{bmatrix} t_1 \\ \vdots \\ t_n \end{bmatrix} \mapsto t_1 \underline{w}_1 + \dots + t_n \underline{w}_n \end{align*} \qquad \begin{align*} X_B &: V \to \mathbb{K}^n \\ & \underline{v} \mapsto \begin{bmatrix} x_1 \\ \vdots \\ x_n \end{bmatrix} \end{align*} Definiamo \mathscr{L} := \mathcal{P} \cdot X_B. Osserviamo che L, essendo composizione di due funzioni lineari è a sua volta lineare. Inoltre \mathscr{L}(\underline{b}_i) = (\mathcal{P} \cdot X_B)(\underline{b}_i) = \mathcal{P}([0 \dots \underbrace{1}_{\text{i-esima posizione}} \dots 0]) = \underline{w}_i Inoltre \mathscr{L}(x_1 \underline{b}_1 + \dots x_n \underline{b}_n) = x_1 \mathscr{L}(\underline{b}_1) + \dots + x_n \mathscr{L}(\underline{b}_n) = x1 \underline{w}_1 + \dots + x_n \underline{w}_n
  2. Dimostro l’unicità Supponiamo che esista un’altra applicazione lineare g : V \to W tale che g(\underline{b}_i) = \underline{w}_i \quad \forall i = 1, \dots, n. Allora per ogni \underline{v} \in V (con \underline{v} = x_1 \underline{b}_1 + \dots + x_n \underline{b}_n) si ha che \begin{align*} g(\underline{v}) &= g(x_1 \underline{b}_1 + \dots + x_n \underline{b}_n) = x_1 g(\underline{b}_1) + \dots + x_n g(\underline{b}_n) \\ &= x_1 \underline{w}_1 + \dots + x_n \underline{w}_n = x_1 \mathscr{L}(\underline{b}_1) + \dots + x_n \mathscr{L}(\underline{b}_n) \\ &= \mathscr{L}(x_1 \underline{b}_1 + \dots x_n \underline{b}_n) = \mathscr{L}(\underline{v}) \end{align*} Di conseguenza g(\underline{v}) = \mathscr{L}(\underline{v}) \quad \forall \underline{v} \in V

Formula di Grassmann (lez. 12 bis pag 5)

Siano H e K sue sottospazi vettoriali di V spazio vettoriale su \mathbb{K}. Se \dim(H) < + \infty e \dim(K) < è \infty allora \dim(H+K) = \dim(H) + \dim(K) - \dim(H \cap K)

Dimostrazione

Sia \dim(H) = t, \dim(K) = s e \dim(H \cap K) = r. Sia \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r \} una base di H \cap K.

Completiamo ad una base di H l’insieme \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r \}: \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{h}_1, \dots, \underline{h}_{t - r} \}.

Completiamo ad una base di K l’insieme \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r \}: \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{k}_1, \dots, \underline{k}_{s - r} \}.

Si ha che l’insieme \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{h}_1, \dots, \underline{h}_{t - r}, \underline{k}_1, \dots, \underline{k}_{s - r} \} è insieme di generatori per H + K.

Mostriamo che è linearmente indipendente e in questo modo abbiamo dimostrato la formula di Grassmann.

Consideriamo: t_1 \underline{v}_1 + \dots + t_r \underline{v}_r + \alpha_1 \underline{h}_1 + \dots + \alpha_{t - r} \underline{h}_{t - r} + \beta_1 \underline{k}_1 + \dots \beta_{s - r} \underline{k}_{s - r} = \underline{0}.

Si ha che: t_1 \underline{v}_1 + \dots + t_r \underline{v}_r + \alpha_1 \underline{h}_1 + \dots + \alpha_{t - r} \underline{h}_{t - r} = -\underbrace{(\beta_1 \underline{k}_1 + \dots + \beta_{s - r} \underline{k}_{s - r})}_{= \underline{w}}, di conseguenza \underline{w} \in K \cap H.

Dunque esistono t'_1, \dots, t'_r \in \mathbb{K} \colon \underline{w} = t'_1 \underline{v}_1 + \dots + t'_r \underline{v}_r.

Si ha che:

\begin{cases} t_1 \underline{v}_1 + \dots + t_r \underline{v}_r + \alpha_1 \underline{h}_1 + \dots + \alpha_{t - r} \underline{h}_{t-r} = t'_1 \underline{v}_1 + \dots + t'_r \underline{v}_r \\ \beta_1 \underline{k}_1 + \dots + \beta_{s - r} \underline{k}_{s - r} = t'_1 \underline{v}_1 + \dots + t'_r \underline{v}_r \end{cases}

Ma, essendo \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{h}_1, \dots, \underline{h}_{t - r} \} e \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{k}_1, \dots, \underline{k}_{s - r} \} linearmente indipendenti, allora si ha che: t'_1 = \dots = t'_r = t_1 = \dots = t_r = \alpha_1 = \dots = \alpha_{t - r} = \beta_1 = \dots = \beta_{s - r} = 0

Note

All’inizio ho dimostrato che w appartiene sia a V (ovvio) che ad H che a K, di conseguenza appartiene a H \cap K.

Terza proposizione senza nome (lez. 16 pag. 2)

Siano \{ \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r \} autovettori relativi ad autovalori distinti \lambda_1, \dots, \lambda_r \in \mathbb{K} relativi ad unamatrice A \in \mathcal{M}_\mathbb{K} (n, n) allora {\underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r} è linearmente indipendente.

Dimostrazione

Caso r = 1.

Essendo \underline{v}_1 un autovettore allora \underline{v}_1 = 0 è quindi \underline{v}_1 è linearmente indipendente.

Caso r = 2

Siano \underline{v}_1, \underline{v}_2 autovettori rlativi a \lambda_1, \lambda_2. Supponiamo per assurdo che esista una loro combinazione lineare uguale al vettore nullo: \tau_1 \underline{v}_1 + \tau_2 \underline{v}_2 = \underline{0} \quad \tau_1 \ne 0, \tau_2 \ne 0 allora \underline{v}_1 = -\frac{\tau_2}{\tau_1} \underline{v}_2. Applichiamo A ad entrambi i membri della precedente equazione:

A \cdot \underline{v}_1 = \lambda_1 \underline{v}_1 = -\lambda_1 \frac{\tau_2}{\tau_1}\underline{v}_1 \\ A \cdot \underline{v}_1 = A(-\frac{\tau_2}{\tau_1} \underline{v}_2) = -\lambda_2 \frac{\tau_2}{\tau_1} \underline{v}_2

Sottraendo membro a menbro ottengo \underline{0} = \underbrace{(\lambda_2 - \lambda_1)}_{\ne 0} \frac{\tau_2}{\tau_1} \underbrace{\underline{v}_2}_{\ne \underline{0}} \implies \frac{\tau_2}{\tau_1} = 0 assurdo.

Procediamo per induzione

Supponiamo di aver dimostrato la proposizione per r \ge 2, voglio dimostrarla per r + 1 vettori.

Siano \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{v}_{r+1} autovettori relativi a \lambda_1, \dots, \lambda_r, \lambda_{r + 1} autovalori distinti. Supponiamo pr assurdo che siano linearmente dipendenti. A meno di riordinare i vettori, esistono \tau_1, \dots, \tau_r \in \mathbb{K} non tutti nulli tali che \underline{v}_{r + 1} = \tau_1 \underline{v}_1 + \dots + \tau_r \underline{v}_r. Applichiamo A ad ambo i membri:

A(\underline{v}_{r + 1}) = \lambda_{r + 1} \underline{v}_{r + 1} = \lambda_{r + 1} \tau_1 \underline{v}_1 + \dots + \lambda_{r + 1} \tau_r \underline{v}_r \\ A(\underline{v}_{r + 1}) = A(\tau_1 \underline{v}_1 + \dots + \tau_r \underline{v}_r) = \lambda_1 \tau_1 \underline{v}_1 + \dots + \lambda_r \tau_r \underline{v}_r

Sottraendo membro a membro otteniamo che \underline{0} = (\lambda_{r + 1}) \tau_1 \underline{v}_1 + \dots + (\lambda_{r + 1} - \lambda_r) \tau_r \underline{v}_r ma, poiche \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r sono linearmente indipendenti per ipotesi allora si ha che 0 = \underbrace{\lambda_{r + 1} - \lambda_1}_{\ne 0} \tau_1 = \dots = \underbrace{(\lambda_{r + 1} - \lambda_r)}_{\ne 0} \tau_r \implies \tau_1 = \dots = \tau_r = 0 \implies underline{v}_{r + 1} = \underline{0} assurdo.

Quindi \underline{v}_1, \dots, \underline{v}_r, \underline{v}_{r + 1} non possono essere linearmente dipendenti e dunque sono linearmente indipendenti.

Secondo criterio di diagonalizzabilità (lez. 16 pag. 5)

Sia A \in \mathcal{M}_\mathbb{K} (n, n). A è diagonalizzabile su \mathbb{K} se e solo se il polinomio caratteristico di A ha n radici, contate con la loro molteplicità, in \mathbb{K} ed ogni autovalore di A è regolare.

Dimostrazione

Siano \lambda_1, \dots, \lambda_r autovalori distinti di A allora A è diagonalizzabile se e solo se A ammette una base di autovettori quindi se e solo se M = mg(\lambda_1) + \dots + mg(\lambda_r) = n. Osservo che se M = mg(\lambda_1) + \dots + mg(\lambda_r) = n allora n = mg(\lambda_1) + \dots + mg(\lambda_r) \le ma(\lambda_1) + \dots + ma(\lambda_r) \le n da cui

\begin{cases} ma(\lambda_1) + \dots + ma(\lambda_r) = n \\ ma(\lambda_i) = mg(\lambda_i) & \forall i = 1, \dots, r \end{cases}

Viceversa, se ma(\lambda_1) + \dots + ma(\lambda_r) = n e ma(\lambda_i) = mg(\lambda_i) \quad \forall i = 1, \dots, r allora M = mg(\lambda_1) + \dots + mg(\lambda_r) = n

Invarianti per similitudine (lez. 16 pag. 9)

Siano a, B \in \mathcal{M}_\mathbb{K}(n, n) matrici simili allora 1. le due matric hanno stesso polinomio caratteristico, la stessa traccia, lo stesso determinante e gli stessi autovalori con la stessa molteplicità algebrica 2. le due matrici hanno lo stesso rango 3. le due matrici hanno gli stessi autivalori con le stesse molteplicità

Dimostrazione

Poiche A è simile a B allora esiste P \in \mathcal{M}_\mathbb{K}(n, n) invertibile tale che B =P^{-1}AP.

Dimostiamo 1. Si ha che p_B(\lambda) = \det(B - \lambda \mathbb{I_n}) = \det(P^{-1}AP - \lambda P^{-1}P) = \det(P^{-1} \cdot (A - \lambda \mathbb{I}_n) \cdot p) = \cancel{\det(P^{-1})} \cdot \det(A - \lambda \mathbb{I}_n) \cdot \cancel{\det(P)} = \det(A - \lambda \mathbb{I}_n) = p_A(\lambda).

Poichè: p_A(\lambda) = p_B(\lambda) = (-1)^n \lambda^n + c_1 \lambda^{n - 1} + \dots + c_{n - 1} \lambda + c_n si ha che tr(B) = (-1)^{n - 1} c_1 = tr(A), \det(B) = c_n = \det(A) e gli autovalori di B contati con le loro molteplicità algebriche coincidono con glia utovalori di A

Dimostriamo 2.

Poichè A e B rappresentano uno stesso endomorfismo \mathscr{L} \colon \mathbb{K}^n \to \mathbb{K}^n rispetto a basi diverse allora r(\mathscr{L}) = \dim(Im(\mathscr{L})) = r(A) = r(B).

Dimostriamo 3.

Dalla relazione B = P^{-1} A P ricaviamo PB = AP. Se \underline{v} è autivalore di B allora P\underline{v} è autovalore di A infatti A \cdot (P \underline{v}) = (AP) \cdot \underline{v} = (PB) \cdot \underline{v} = P \cdot (B \underline{v}) = \lambda P \underline{v}.

Viceversa, dalla relazione B = P^{-1}AP ricaviamo BP^{-1} = P^{-1}A. Se \underline{w} è autovettore di A allora P^{-1} \underline{w} è autovettore di B infatti B \cdot (P^{-1} \underline{w}) = (B P^{-1}) \cdot \underline{w} = (P^{-1} A) \cdot \underline{w} = p^{-1} \cdot (A \underline{w}) = \lambda P^{-1} \underline{w}.

Dunque se V_\lambda è V'_\lambda sono autospazi di \lambda relativi ad A e B rispettivamente, \mathscr{L}_P \colon V'_\lambda \to V_\lambda \quad (\underline{v} \mapsto P \cdot \underline{v}) è isomorfismo. Quindi mg^B(\lambda) = \dim(V'_\lambda) = \dim(V_\lambda) = mg^A(\lambda)

Proiezione ortogonale (lez. 18 pag. 6)

Sia (V, \lang \cdot, \cdot \rang) uno spazio euclideo, sia \underline{w} \in V e sia H = span(\underline{w}). Allora si ha che peogni \underline{v} \in V

  1. esiste ed è unico \underline{v}_H \in H tale che \underline{v} - \underline{v}_H \in H^{\perp}
  2. \| \underline{v} - \underline{v}_H \| < \| \underline{v} - \underline{w}' \| per ogni \underline{w}' \in H, \underline{w}' \ne \underline{v}_H
  3. \underline{v}_H = \frac{\lang \underline{v}, \underline{w} \rang}{\lang \underline{w}, \underline{w} \rang} \underline{w}

Dimostrazione

Mostriamo che esiste \underline{v}_H \in H tale che \underline{v} - \underline{v}_H \perp \underline{h} \quad \forall \underline{h} \in H e che \underline{v}_H = \frac{\lang \underline{v}, \underline{w} \rang}{\| \underline{w} \| ^2} \underline{w}. Poichè \underline{v}_H \in H allora è sufficiente determinare \hat{x} \in \mathbb{R} tali che \underline{v}_H = \hat{x} \cdot \underline{w} e inoltre \lang \underline{v} - \underline{v}_H, \underline{w} \rang = 0 \implies \lang \underline{v} - \hat{x} \cdot \underline{w}, \underline{w} \rang = 0 \implies \lang \underline{v}, \underline{w} \rang - \hat{x} \lang \underline{w}, \underline{w} \rang = 0 \implies \hat{x} = \frac{\lang \underline{v}, \underline{w} \rang}{\lang \underline{v}, \underline{v} \rang}. Quindi \underline{v}_H esiste ed è \underline{v}_H = \frac{\lang \underline{v}, \underline{w} \rang}{\lang \underline{v}, \underline{v} \rang}

Osserviamo che \underline{v} - \underline{v}_H \perp \underline{w} \implies \underline{v} - \underline{v}_H \perp t \cdot \underline{w} \quad \forall t \in \mathbb{R}. Mostriamo che \underline{v}_H è unico. Supponiamo \underline{v}'_H un altro vettore di H tale per cui \lang \underline{v} - \underline{v}'_H, \underline{h} \rang = 0 \quad \forall \underline{h} \in H. Allora

\begin{align*} \| \underline{v}_H - \underline{v}'_H \| ^2 &= \lang \underline{v}_H - \underline{v}'_H, \underline{v}_H, \underline{v}'_H \rang \\ &= \lang \underline{v}_H, \underline{v}_H - \underline{v}'_H \rang - \lang \underline{v}'_H, \underline{v}_H - \underline{v}'_H \rang \\ &= \lang \underbrace{\underline{v}_H}_{\in H}, \underbrace{\underline{v}_H - \underline{v}}_{\perp H} \rang + \lang \underbrace{\underline{v}_H}_{\in H}, \underbrace{\underline{v} - \underline{v}'_H}_{\perp H} \rang - \lang \underbrace{\underline{v}'_H}_{\in H}, \underbrace{\underline{v}_H - \underline{v}}_{\perp H} \rang - \lang \underbrace{\underline{v}'_H}_{\in H}, \underbrace{\underline{v} - \underline{v}'_H}_{\perp H} \rang \\ &= 0 \implies \| \underline{v}_H - \underline{v}'_H \| ^2 = 0 \implies \underline{v}_H - \underline{v}'_H = \underline{0} \implies \underline{v}_H = \underline{v}'_H \end{align*}

Infine domostro le proprietà di minima distanza.

\forall \underline{h} \in H si ha che \| \underline{v} - \underline{h} \| ^2 = \| \underline{v} - \underline{v}_H + \underline{v}_H - \underline{h} \| ^2 che, per il teorema di Pitagola è pari a \| \underline{v} - \underline{v}_H \| ^2 + \| \underline{v}_H - \underline{h} \| ^2 \ge \| \underline{v} - \underline{v}_H

Disuguaglianza di Schwarz (lez. 18 pag. 7)

Sia (V, \lang \cdot, \cdot \rang) uno spazio euclideo, dati \underline{v}, \underline{w} \in V allora | \lang \underline{v}, \underline{w} \rang | \le \| \underline{v} \| \| \underline{w} \|. Inoltre vale l’uguaglianza se e solo se \underline{v} e \underline{w} sono linearmente dipendenti.

Dimostrazione

Sia \underline{v}_H la proiezione ortogonale di \underline{v} su H = Span(\underline{w}).

\| \underline{v} \| ^2 = \| \underline{v} - \underline{v}_H + \underline{v}_H \| ^2 = \| \underline{v} - \underline{v}_H \| ^2 + \| \underline{v}_H \| ^2 \ge \| \underline{v}_H \| ^2 \implies \| \underline{v}_H \| ^2 = \left \| \frac{\underline{v}, \underline{w} \rang}{\lang \underline{w}, \underline{w} \rang} \cdot \underline{w} \right \| ^2 = \frac{ |\lang \underline{v}, \underline{w} \rang|^2}{\| \underline{w}\| ^4} \cdot \|\underline{w}\|^2 \le \|\underline{v}\|^2

Da cui |\lang \underline{v}, \underline{w} \rang | \le \|\underline{v}\|\|\underline{w}\|

Disuguaglianza triangolare (lez. 18 pag. 7)

\| \underline{v} + \underline{w} \| \le \| \underline{v} \| + \| \underline{w} \|

Dimostrazione

\| \underline{v} + \underline{w} \|^2 = \| \underline{v} \|^2 + \| \underline{w} \|^2 + 2 \lang \underline{v}, \underline{w} \rang \le \| \underline{v} \|^2 + \| \underline{w} \|^2 + 2 \| \underline{v} \|\| \underline{w} \| = (\| \underline{v} \| + \| \underline{w} \|)^2 da cui la tesi.

Matrici ortogonali rappresentano isometrie (lez. 19 pag. 6)

Sia U \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) allora le seguenti condizioni sono equivalenti: 1. U è ortogonale: U^T \cdot U = \mathbb{I}_n 2. U preserva la norma euclidea: \| U \cdot \underline{x} \| = \| \underline{x} \| 3. U preserva il prodotto scalare standard di \mathbb{R}^n: \lang U \underline{x}, U \underline{y} \rang = \lang \underline{x}, \underline{y} \rang \quad \forall \underline{x}, \underline{y} \in \mathbb{R}^n

Dimostrazione

Ancora un’altra proposizione senza nome (lez. 20 pag. 5)

Sia V uno spazio euclideo di dimensione finita e sia \mathcal{B} una base ortonormale. Un endomorfismo \mathscr{L} \colon V \to V è simmetrico se e solo se \mathcal{M}_\mathcal{B}^\mathcal{B}(\mathscr{L}) è simmetrica.

Dimostrazione

Sia \mathcal{B} = \{ \underline{q}_1, \dots, \underline{q}_n \} una base ortonormale di V. Siano \underline{v}, \underline{w} \in V e \underline{x}, \underline{y} \in \mathbb{R}^n le coordinate di \underline{v} e \underline{w} rispetto a \mathcal{B}. Ricordiamo che \lang \underline{v}, \underline{w} \rang = \lang X_\mathcal{B}(\underline{v}), X_\mathcal{B}(\underline{w}) \rang_{\mathbb{R}^n} = \lang \underline{x}, \underline{y} \rang _{\mathbb{R}^n}. Dunque, posto A = \mathcal{M}_\mathcal{B}^\mathcal{B}(\mathscr{L}), si ha che: \begin{align*} & \lang \mathscr{L}(\underline{v}), \underline{w} \rang = \underline{v}, \mathscr{L}(\underline{w}) & \forall \underline{v}, \underline{w} \in V \\ \iff & \lang X_\mathcal{B}(\mathscr{L}(\underline{v})), X_\mathcal{B}(\underline{w}) \rang_{\mathbb{R}^n} = \lang X_\mathcal{B}(\underline{v}), X_\mathcal{B}(\mathscr{L}(\underline{w})) \rang_{\mathbb{R}^n} & \forall \underline{v}, \underline{w} \in V \\ \iff & \lang A \cdot X_\mathcal{B}(\underline{v}), X_\mathcal{B}(\underline{w}) \rang_{\mathbb{R}^n} = \lang X_\mathcal{B}(\underline{v}), A \cdot X_\mathcal{B}(\underline{w}) \rang_{\mathbb{R}^n} & \forall \underline{v}, \underline{w} \in V \\ \iff & \lang A \underline{x}, \underline{y}_{\mathbb{R}^n} \rang = \lang \underline{x}, A \cdot \underline{y} \rang _{\mathbb{R}^n} & \forall \underline{x}, \underline{y} \in \mathbb{R}^n \\ \iff & \text{A è simmetrica} \end{align*}

Teorema spettrale (lez. 20 pag. 8)

Sia (V, \lang \cdot, \cdot \rang) uno spazio euclideo, \dim(V) < +\infty e \mathscr{L} \colon V \to V un endomorfismo simmetrico. Allora esiste una base ortonormale di V formata da autovettori di \mathscr{L}. In particolare una matrice simmetrica reale è ortogonalmente diagonalizzabile.

Dimostrazione

Si procede per induzione sulla dimensione di V.

Se \dim(V) = 1, un versore \underline{v} \in V costituisce una base ortonormale di V formata da autovettori di \mathscr{L} infatti \mathscr{L}(\underline{v}) = \underline{w} = \lambda \underline{v} essendo V = Span(\underline{v}).

Supponiamo il teorema vero per ogni spazio euclideo di dimensione n-1.

Sia V spazio euclideo di dimensione n e \mathcal{B} = \{ \underline{b}_1, \dots, \underline{b}_n \} una base ortonormale di V. Sia A = \mathcal{M}_\mathcal{B}^\mathcal{B} allora A è simmetrica. Sia \lambda_1 uno degli autovalori reali di A e \underline{q}_1 uno degli autovettori ad esso associati (\mathscr{L}(\lambda_1) = \lambda_1 \underline{q}_1). Sia H = (Span(\underline{q}_1))^\perp. Dimostriamo che possiamo restringere \mathscr{L} ad H ed ottenere un endomorfismo \mathscr{L} \colon H \to H. Dobbiamo dimostrare che se \underline{v} \perp \underline{q}_1 allora \mathscr{L}(\underline{v}) \perp \underline{q}_1. Si ha che \lang \mathscr{L}(\underline{v}), \underline{q}_1 \rang = \lang \underline{v}, \mathscr{L}(\underline{q}_1) \rang = \lambda_1 \lang \underline{v}, \underline{q}_1 \rang = 0. Quindi, per ipotesi induttiva, essendo \mathscr{L} un endomorfismo di H e \dim(H) = n - 1, esiste una base ortonormale di H formata da autovettori di \mathscr{L}: \{ \underline{q}_2, \dots, \underline{q}_n \}. Siccome H = (Span(\underline{q}_1))^\perp, si ha che \{ \underline{q}_1, \underline{q}_2, \dots, \underline{q}_n \} una base ortonormale di V formata da autovettori di \mathscr{L}.

Se A \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) è una matrice simmetrica allora \mathscr{L}_A \colon \mathbb{R}^n \to \mathbb{R}^n (\underline{x} \mapsto A \cdot \underline{x}) è un endomorfismo simmetrico (infatti A è la matrice rappresentativa di \mathscr{L}_A rispetto alla base canonica \mathcal{E}_n = \{ \underline{e}_1, \dots, \underline{e}_n \} che è base ortonormale di \mathbb{R}^n). Dunque per quanto abbiamo appena visto, esiste una base ortonormale di \mathbb{R}^n formata da autovettori di A: \{ \underline{q}_1, \dots, \underline{q}_n \}. Poniamo U = [\underline{q}_1 | \dots | \underline{q}_n] (U è ortogonale) allora A \cdot U = [A \underline{q}_1 | \dots | A \underline{q}_n] = [\lambda_1 \underline{q}_1 | \dots | \lambda_n \underline{q}_n] = U \cdot diag(\lambda_1, \dots, \lambda_n). Dunque U^TAU = diag(\lambda_1, \dots, \lambda_n) e quindi A è ortogonalmente diagonalizzabile

Autovalori e segno do una forma quadratica reale (lez. 21 pag. 9)

Sia A \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) simmetrica e q(\underline{x}) = \underline{x}^T \cdot A \cdot \underline{x} \forall \underline{x} \in \mathbb{R}^n. Allora: 1. Se \underline{v} è autovettore di A allora q(\underline{v}) = \lambda \| \underline{v} \| ^2 2. Se \lambda_{min} e \lambda_{max} sono gli autovalori minimo e massimo di A allora \lambda_{min} \| \underline{x} \|^2 \le q(\underline{x}) \le \lambda_{max} \| \underline{x} \|^2

Dimostrazione

  1. q(\underline{v}) = \underline{v}^T \cdot A \cdot \underline{v} = \underline{v}^T \cdot (\lambda \underline{v}) = \lambda \cdot \underline{v}^T \cdot \underline{v} = \lambda \| \underline{v} \|^2
  2. Per il teorema spettrale esiste U \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) ortogonale tale che U^TAU = diag(\lambda_1, \dots, \lambda_n) = D \implies A = UDU^T. Si ha che: q(\underline{x}) = \underline{x}^T \cdot A \cdot \underline{x} = \underline{x}^T \cdot UDU^T \cdot \underline{x} = (U^T \underline{x})^T \cdot D \cdot U^T \underline{x}. Posto \underline{y} = U^T \underline{x}, si ha che: \lambda_{min} \| \underline{y} \|^2 \le \underline{y}^T D \underline{y} = \lambda_1 y_1^2 + \dots + \lambda_n y_n^2 \le \| \lambda_{max}\underline{y} \|^2 \\ \Downarrow \underline{y} = U^T \cdot \underline{x} \\ \lambda_{min} \| U^T \cdot \underline{x} \| ^2 \le q(\underline{x}) = (U^T \cdot \underline{x}) D (U^T \cdot \underline{x}) \le \lambda_{max} \| U^T \cdot \underline{x} \| ^2 \\ \Downarrow U \text{ è ortogonale} \\ \lambda_{min} \| \underline{x} \| ^2 \le q(\underline{x}) \le \lambda_{max} \| \underline{x} \|^2

Forma canonica di un polinomio di secondo grado (lez. 23 pag. 1)

Dato un polinomio di secondo grado q(\underline{x}) = \underline{x}^T \cdot A \cdot \underline{x} + 2 \cdot \underline{b}^T \cdot \underline{x} + c ove A \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) è simmetrica, \underline{b} \in \mathbb{R}^n e c \in \mathbb{R}, data una rototransalzione F(\underline{y}) = Q \cdot \underline{y} + \underline{v}, ove Q \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) è ortogonale con \det(Q) = 1 e \underline{v} \in \mathbb{R}^n, posto \tilde{q}(\underline{y}) = q(F(\underline{y})) = \underline{y}^T \cdot \tilde{A} \cdot \underline{y} + 2 \cdot \tilde{\underline{b}} \cdot \underline{y} + c si ha che 1. gli autovalori e il rango di A e \tilde{A} sono uguali 2. il rango e il determinante di B e \tilde{B} sono uguali

Inoltre, sia r il rango di A e siano \lambda_1, \dots, \lambda_r gli autovalori non nulli di A, si ha che 1. se r(B) = r allora esiste una rototranslazione F(\underline{y}) = Q \underline{y} + \underline{v} tali che \tilde{q}(\underline{y}) = q(F(\underline{y})) = \lambda_1 y_1^2 + \dots + \lambda_r y_r^2 2. se r(B) = r + 1 allora esiste una rototranslazione F(\underline{y}) = Q \underline{y} + \underline{v} tale che \tilde{q}(\underline{y}) = q(F(\underline{y})) = \lambda_1 y_1^2 + \dots + \lambda_r y_r^2 + \tilde{c} con \tilde{c} \ne 0 3. se r(B) = r + 2 allora esiste una rototranslazione F(\underline{y}) = Q \underline{y} + \underline{v} tale che \tilde{q}(\underline{y}) = q(F(\underline{y})) = \lambda_1 y_1^2 + \dots + \lambda_r y_r^2 + 2py_{r+1} con p \ne 0

Dimostrazione

Prima parte

Poichè \tilde{A} = Q^TAQ ove Q è una matrice ortogonale allora \tilde{A} è simile ad A e quindi ha lo stesso rango e gli stessi autovalori di A. Poichè \tilde{B} = F^TBF ove F = \left[\begin{array}{c|c} Q & \underline{v} \\ \hline \underline{0}^T & 1 \end{array} \right] \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n+1, n+1) è invertibile e \det(F) = \det(Q) = 1 si ha che \tilde{B} e B hanno lo stesso rango (ma non è detto che abbiano gli stessi autovalori) e \det(\tilde{B}) = \det(B).

Seconda parte

La dimostrazione si divide in due casi.

Primo caso.

A \underline{x} = - \underline{b} ammette soluzione (infatti r(A) = r([A | -\underline{b}])). Sia w una soluzione di A\underline{x} = -\underline{b}. Posto \underline{x} = \underline{y}' + \underline{w} si ha q_1(\underline{y}') = q(\underline{y}' + \underline{v}) = (\underline{y}')^T \cdot A \cdot \underline{y}' + 2\underbrace{(A \underline{w} + \underline{b})}_{= \underline{0}} \cdot \underline{y}' + \underbrace{\underline{w}^T \cdot A \cdot \underline{w}}_{= -\underline{w}^T \cdot \underline{b}} + 2 \underline{b}^t \cdot \underline{w} + c = (\underline{y}')^T \cdot A \cdot \underline{w} + \underline{b}^T \cdot \underline{w} + c. Per il teorema spettrale esiste Q \in \mathcal{M}_\mathbb{R}(n, n) ortogonale tale che Q^TAQ = diag(\lambda_1, \dots, \lambda_r, 0, \dots, 0). Posto \tilde{q}(\underline{y}) = q_1(Q \cdot \underline{y}) = \underline{y}^T Q^TAQ \underline{y} + \underline{b}^T \cdot \underline{w} + c = \lambda_1 y_1^2 + \dots + \lambda_r y_r^2 + \underbrace{\underline{b}^T \cdot \underline{w} + c}_{= \tilde{c}} La rototranslaione per trasformare q(\underline{x}) in forma canonica è F(\underline{y}) = Q \underline{y} + \underline{w} ove \underline{w} è una soluzione di A \underline{x} = - \underline{b}. Osserviamo che \tilde{B} = \left[ \begin{array}{c|c} \begin{array}{cccccc} \lambda_1 & & & & & \\ & \ddots & & & & \\ & & \lambda_r & & & \\ & & & 0 & & \\ & & & & \ddots & \\ & & & & & 0 \\ \end{array} & \underline{0} \\ \hline \underline{0}^T & \tilde{c} \end{array} \right] e quindi r(\tilde{B}) = r(B) = r se e solo se \tilde{c} = 0 e r(\tilde{B}) = r(B) = r + 1 se e solo se \tilde{c} \ne 0.

Secondo caso.

A \underline{x} = - \underline{b} non ammette soluzioni (infatti r(A) < r([A | -\underline{b}])). Sia H = Col(A) e \underline{b} = \underline{b}_H + \underline{B}_{H^\perp}. Poichè \underline{b}_H \in H = Col(A) il sistema A \underline{x} = -\underline{b}_H ammette una soluzione \underline{w}. Consideriamo la translazione \underline{x} = \underline{y}' + \underline{w}. Allora si ha che q_1(\underline{y}') = q(\underline{y}' + \underline{w}) = (\underline{y}')^T \cdot A \cdot \underline{y}' + 2 (\underbrace{\overbrace{A \cdot \underline{w}}^{= -\underline{b}_H}+ \underline{b}}_{= \underline{b}_{H ^ \perp}})^T \cdot \underline{y}' + \underbrace{\underline{w}^TA\underline{w} + 2 \underline{b}^T \cdot \underline{w} + c}_{= \tilde{c}} = (\underline{y}')^T \cdot A \cdot \underline{y}' + 2 \underline{b}_{H^\perp}^T \cdot \underline{y}' + \tilde{c}. Essendo A simmetrica H^\perp = (Col(A))^\perp = \ker(A^T) = \ker(A) quindi \underline{b}_{H^\perp} è la proiezione ortogonale di \underline{b} su \ker(A). Essendo \underline{b}_{H^\perp} \in \ker(A), \underline{b}_{H^\perp} è un autovettore riferito all’autovalore nullo. Posto \underline{b}_1 = \frac{\underline{b}_{h^\perp}}{\| \underline{b}_{h^\perp} \| } completiamo \underline{b_1} ad una base ortonormale di autovettori di A: \{ \underbrace{\underline{q}_1, \dots, \underline{q}_r}_{\text{Autovettori riferiti a } \lambda_1, \dots, \lambda_r}, \underbrace{\underline{b}_1, \dots, \underline{b}_{n-r}}_{\text{Autovettori riferiti a } 0} \} e poniamo Q = \left[ \begin{array}{c|c|c|c|c|c} \underline{q}_1 & \dots & \underline{q}_r & \underline{b}_1 & \dots & \underline{b}_{n - r}\end{array} \right]. Allora Q^TAQ = diag(\lambda_1, \dots, \lambda_r, 0, \dots, 0).consideriamo la rototranslazione \underline{y}' = Q \underline{z}, si ha che q_2(\underline{z}) = q_1(Q \cdot \underline{z}) = \underline{z}^T Q^T A Q \underline{z} + 2 \underline{b}_{H^\perp}^T \cdot Q \cdot \underline{z} + \tilde{c} = \lambda_1 z_1^2 + \dots + \lambda_r z_r^2 + 2 \| \underline{b}_{H^\perp} \| \cdot z_{r+1} + \tilde{c}. Infine, ponendo z_1 = y_1, \dots, z_r = y_r, z_{r+1} = y_{r+1}-\frac{\tilde{c}}{2 \| \underline{b}_{H^\perp} \| }, z_{r+2} = y_{r+2}, \dots, z_n = y_n, otteniamo \tilde{q}(y) = q_2(y_1, \dots, y_r, y_{r+1} - \frac{\tilde{c}}{2 \| \underline{b}_{H^\perp} \| }, y_{r+2}, \dots, y_n) = \lambda_1 y_1^2 + \dots + \lambda_r y_r^2 + 2 \| \underline{b}_{h^\perp} \| y_{r+1}. La rototranslazione è data da F(\underline{y}) = Q \cdot \underline{y} - \frac{\tilde{c}}{2 \| \underline{b}_{H^\perp} \|^2}\underline{b}_{H^\perp} + \underline{w} ove w è una soluzione di A \underline{x} = - \underline{b}_H e \tilde{c} = \underline{w}^T A \underline{w} + 2 \underline{b}^T \cdot \underline{w} + c. In questo caso \left[ \begin{array}{ccccccc|c} \lambda_1 & & & & & & & 0 \\ & \ddots & & & & & & \vdots \\ & & \lambda_2 & & & & & 0 \\ & & & 0 & \dotsm & \dotsm & \dotsm & p \\ & & & \vdots & 0 & & & 0 \\ & & & \vdots & & \ddots & & \vdots \\ & & & \vdots & & & 0 & 0 \\ \hline 0 & \dots & 0 & p & 0 & \dots & 0 & 0 \\ \end{array} \right] e quindi r(\tilde{B}) = r(B) = r + 2